martedì 22 marzo 2011

Qui est-ce?



BIOGRAFIA

Vive e lavora a Roma da oltre dieci anni. Laureata in Economia Politica presso l’Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano, attualmente riveste il ruolo di project manager presso Invitalia Spa. Ha lavorato su progetti per il Terzo settore, per il MIBAC e per il MISE. Nel 2011 ha conseguito il Master in tecniche di scrittura pubblicitaria presso lo IED di Roma.



FORMAZIONE


1987. Maturità scientifica, Liceo Scientifico Statale E. Fermi, Canosa di Puglia 
1998. Laurea in Economia Politica, Università Commerciale Luigi Bocconi, Milano

1999. Master in Business Administration, Spegea, Teconopolis Bari
2005. Corso di Perfezionamento in Analisi di Bilancio avanzata, SDA Bocconi,Milano

2006. Corso di Perfezionamento in Tecniche di Project Management, ISDA, Roma
2006. Corso avanzato di Business English, Linguarama, Roma

2010. DELF B1, Centro Culturale San Luigi di Francia,Roma
2011. Master in Scrittura Pubblicitaria, IED, Roma


Brigida Anna Maria D’Aulisa



CAMPAGNE STAMPA, TITOLI & Co.


LETTO MORFEUS

Mon premier Truffaut

Autour de "La femme d’à coté"
(F. Truffaut, 1981)

“Ni avec toi, ni sans toi”.

Con queste parole, Madame Jouve cala il sipario sulla tragedia di Bernard e Mathilde, spalancando a colui che guarda, tutto l’abisso della propria anima.

Una vertigine mi colpisce a tradimento, mentre sento sulle labbra il sale di una lacrima, e penso, senza congruenza alcuna, che ho sempre preferito il sapore del sale a quello dello zucchero.

Chi ha amato almeno una volta nella vita conosce quell’abisso, ne è stato contenuto, attratto, respinto, ne ha respirato l’oscuro fascino. Chi è tornato indietro non è mai stato più lo stesso.

Mathilde ritrova il suo antico amante Bernard per uno di quegli scherzi bizzarri del destino che solo un’umanità inconsapevole chiama “casualità”. I due si sono amati con passione ma una violenta separazione li ha poi allontanati. Al primo bacio del loro ritrovarsi, Mathilde sviene. Potere di questo abisso insostenibile, perdita del senso di sée nella passione per l’altro.

Truffaut è abile. Ti conduce con leggerezza e soavità sull’orlo del tuo abisso personale in compagnia della saggia M. Jouve, e quando sei lì, ai confini di te stesso, un terrore primordiale ti spinge a desiderare una fuga senza fine: “Mai Più”, ripeti mentalmente a te stesso.

E’ lei M Jouve, la voce narrante del film. Una “donna eccezionale”. Così la definisce Mathilde, in uno di quei momenti di straordinaria lucidità, che solo la follia di un dolore vissuto profondamente ti può regalare.

Si, M. Jouve è una donna eccezionale: la sua gamba irrimediabilmente zoppa, la sua voce da oracolo, il suo sguardo enigmatico, tutto in lei parla delle offese del tempo, delle sue ferite e delle sue cicatrici. E’ una donna che ha amato, ha perso una parte di sé stessa ed è sopravvissuta. E’ andata oltre. E’ colei che sa e che non giudica, colei che ha compassione, colei che, nonostante tutto, non ha perso la propria dignità.

E’ il primo film di Truffaut che vedo. Credo proprio che sarò costretta ad amarlo e a recuperare il tempo perduto.

Rigiro tra le mani la copertina del DVD. Anno 1981. Lo stesso del Tempo delle Mele, penso. Avevo 12 anni e non sapevo ancora nulla dell’amore e del suo folle demone. Forse lo intuivo, così come ogni essere vivente intuisce il suo destino di morte, ma erano solo vaghi presagi, inquietudini che si dissolvevano nel cielo stellato di una sera d’estate, nelle sue dolci brezze, mentre chiudevo gli occhi cullata dal suono rassicurante della voce di mia madre.

La luce di questo film è grigia e fredda come l’alba di un condannato a morte, colore di una normalità troppo spesso data per scontata e che presto, invece, non sarà più tale. I personaggi si muovono come vittime predestinate all’interno di una scena atopica, quasi teatrale. La vicenda appartiene a tutti noi, a tutti i luoghi e a tutti i tempi. Una storia dunque, senza luogo e senza tempo.

Truffaut è un visionario. Lo si percepisce in ogni elemento della scelta scenografica gravido di simbolismo. Le abitazioni dei due amanti sono poste una di fronte all’altra. Mathilde e Bernard si spiano e si cercano nelle rispettive finestre, in un gioco alternato di luci, ora accese ora spente e di tende sollevate e poi richiuse. L’immaginazione, Dio del desiderio e della passione, si dilata in un crescendo sottile ed insinuante e, proprio per questo, sempre più incontenibile nella sua inevitabile esplosione finale. Ciascuno dei due protagonisti ricrea l’altro attraverso questo desiderio immaginato, costruendo con la materia degli attimi rubati alla fugace apparizione/sparizione dell’altro.

Il campo da tennis con il suo circolo è costantemente sullo sfondo della narrazione, presente in tutti i punti di snodo di quel destino che guida lo sviluppo della vicenda. Il gioco della vita, lo specchio dove ognuno cerca sé stesso contro un sé di cui l’altro ci rimanda l’immagine. In fondo le lotte più crudeli le ingaggiamo con noi stessi, uscendone troppo spesso perdenti.

Quando Bernard e Mathilde si ritrovano inaspettatamente, l’incontro lascia turbati entrambi, soprattutto Bernard che inizialmente cerca la fuga.

Truffaut disegna quasi con tenerezza il momento in cui Mathilde, tormentata ed incerta, propone a Bernard di dimenticare il passato vivendo il presente in amicizia. Dura poco. A dimostrazione del fatto che tra chi si è veramente amato, l’amore non finisce mai, e che la vita è un esattore implacabile. Prima o poi tutti i conti sono pareggiati.

Tutti i frammenti del discorso amoroso di R. Barthes sono ricomposti visivamente da Truffaut nella coerenza temporale della sceneggiatura, ma è l’attesa la figura che viene reiterata ed evocata quasi ossessivamente dai due amanti. “J’attende, j’attende”, sospirano Bernard e Mathilde sulle reciproche labbra. Chi attende delira, colui che ama, attende. E il semplice “j’attende” pronunciato dai due, altro non è che l’eco di un delirio infinito e allucinato.

Fanny Ardant è splendida nel ruolo di Mathilde, la bruna “nefasta”. Il suo corpo scarno è la rivelazione di una passione bruciante, che consuma, che tormenta. La carne è tutta dentro gli occhi e le labbra. Mathilde si fa pura sensualità vestita di voile rosso, una trasparenza che accende il desiderio di Benard e dello spettatore. Un corpo che si intuisce ma che grazie a quel velo viene plasmato e reinventato dall’immaginazione di colui che guarda.

Bernard, invece….

Difficile intuire nel Gerard Depardieu di trenta anni fa il corpulento chef che recita “tengo o core italiano”, in un noto spot pubblicitario dei nostri giorni.

Bernard ha l’aria bambochant, come direbbe Maupassant, e forse proprio per questo riesce a giocare con la follia della passione senza mai esserne completamente travolto. Solo in una circostanza, alla notizia della partenza di Mathilde e del marito Philippe per una vacanza romantica, per un accesso di violenta gelosia, viene travolto da sé stesso.

Il destino si serve sempre del suo messaggero inconsapevole per scatenare l’inferno.

Bernard è colui che ha abbandonato Mathilde fuggendo dai pericoli della passione ed è riuscito a ricostituire un equilibrio con una donna molto più giovane, dolce e materna, Arlette, la madre di suo figlio Thomas. Bernard è costantemente combattuto tra il desiderio per questa donna riemersa da un passato mai dimenticato (“elle est nefaste, nefaste, nefaste….”, ripete disperatamente ad Arlette, implorandone il perdono dopo la rivelazione del tradimento) e l’amore per sua moglie.

Mathilde ha sofferto molto, troppo, per quella passione violenta del passato finita brutalmente.

”Ho sposato il primo uomo che mi ha trattato gentilmente…tu mi hai fatto così male…”, questo lei confessa a Bernard nell’hotel ospite dei loro incontri clandestini.

“Che cosa cercavi Mathilde?....perchè volevi un amante?” chiede Philippe, suo marito. Più tardi, ricoverata in clinica a causa di un collasso nervoso per questo amore impossibile, lei rivela allo psicologo che cerca di curare la sua nevrosi depressiva: “L’amo, l’amo perché lui ha qualcosa che io voglio disperatamente”.

Mathilde è il personaggio più tragico tra i quattro protagonisti. E’ l’unica che ha perso totalmente il senso di sé nell’onda della passione, consegnando la propria identità a Bernard senza riuscire più a recuperarla.

Quando Mathilde entra in casa di Bernard ed Arlette, durante la loro assenza, lei scivola come un ombra in tutti gli spazi della casa facendosi accompagnare dal piccolo Thomas, e con lo sguardo ruba gli attimi di una quotidianità familiare e di una vita che vorrebbe per sé ma che sa di non poter fare sua.

Il senso di perdita di Mathilde è sempre più potente e si riflette anche nel suo lavoro di disegnatrice. Il bimbo dei fumetti cui sta lavorando è bruno così come biondo è Thomas. I colori del disegno sono violenti, le immagini cupe e drammatiche. Mathilde vede progressivamente dissolversi i contorni della sua identità.. Vivere nel vuoto di sé è impossibile e il tenue filo del suo equilibrio emotivo si spezza inesorabilmente.

Per recuperare il senso perduto del proprio essere, a Mathilde non resta che un’unica drammatica scelta. Come l’inquietante protagonista di un film di Hitchcock, aspetta Bernard nella casa da cui tante volte lo ha spiato, ormai spoglia per il recente trasloco. Lo aspetta sapendo che lui verrà. ”Elle attende”….e lui arriva. La scena d’amore sul nudo pavimento è una delle visioni più sacre che possa offrire la storia del cinema. Desiderio allo stato puro, la dissoluzione totale di due anime e la morte definitiva di due corpi in congiungimento.

Non c’è rinascita né recupero di sé per i due amanti. ”Ni avec toi, ni sans toi”.

Non c’è trascendenza.

L’epilogo, raccontato dal cronista con lo stile freddo e impersonale del rapporto di polizia, il linguaggio della realtà, riflette la svalutazione che il mondo moderno attribuisce all’amore – passione. “Di esso o non se ne parla affatto o lo si considera alla stregua di una malattia di cui bisogna guarire”, come dice Barthes, senza che gli venga conferito alcun potere di arricchimento.

I sopravvissuti, M Jouve, Philippe e Arlette, quest’ultima incinta nuovamente di Bernard, sono loro quelli che hanno amato veramente. Il loro amore lo hanno riversato sull’altro nell’accettazione completa di limiti e contraddizioni, e non sulla ricerca di sé. Loro non hanno mai perso il contatto con la realtà.

“La vita ha bisogno di immaginazione per poter continuare”, dice lo psicologo a Mathilde.

E’ vero. La vita non te la insegna nessuno e ogni amante che ti annienta diventa la madre che poi ti rimette al mondo. E’ questo il potere di arricchimento di cui parla Barthes. L’amore – passione è l’opportunità di trascendersi, di reinventarsi, di rinascere ogni volta, di amare ancora e di essere restituiti a sé stessi con un’identità maggiormente consapevole.

Vivere l’amore è, e resta in ogni caso, un rischio per la propria identità, ma senza di esso l’umanità non avrebbe la sua “chance della bonheur” e l’energia per reinventare una realtà che troppo spesso non ha più nulla da dire.

Mentre concludo queste mie riflessioni mi tornano alla mente i versi di una canzone di una band degli anni 80’, i Bow Wow Wow, intitolata Fools rush in :

“Fools rush in where wise men never go/But wise men never fall in love/So how are they to know/When we met I felt my life begin/So open up your heart and let this fool rush in…”.



LA FABBRICA DEI SOGNI.


ORCHESTRA FILARMONICA DI BOLOGNA


IL PRIMO AMORE NON SI SCORDA MAI.

PARLIAMO LA LINGUA PIU' BELLA DEL MONDO.

E' TUTTA UN'ALTRA MUSICA.

WWF


E' ORA DI SPORCARSI LE MANI. VOTA UN FUTURO PULITO.





60 KM/h, CON ZERO LITRI.

DISTENDIAMO IL CLIMA, FAI PACE CON LA TERRA.

UN VOTO PER LA TERRA, UN SEGNO DI SPERANZA.





FUTURO SCOMODO.

DIMMI DOVE VIVI, TI DIRO' CHI SEI.

SENZA DI TE QUESTA TERRA NON SARA' PIU' LA STESSA.

IL FUTURO DELLA TERRA, LO SALVI CHI PUO'.

REGIONE TOSCANA - Piano d'Indirizzo Energetico Regionale


EOLICO. UNA BOCCATA D'ARIA PER LE TUE TASCHE.

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SE IL SOLE NON RIPOSA, NON SPRECHIAMO LE SUE ENERGIE.

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